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lunedì 3 marzo 2014

Pistorius, pm chiede condanna a 25 anni di carcere

Prima udienza a Pretoria (Sudafrica) per il processo che vede alla sbarra degli imputati il campione di atletica Oscar Pistorius, soprannominato Blad Runner per le sue protesi di carbonio agli arti inferiori: com'è noto, l'accusa nei suoi confronti, per la quale rischia fino a 25 anni di carcere, è quella per l'omicidio della fidanzata Reeva Steenkamp, avvenuto la notte di San Valentino del 2013.

Un processo atteso con trepidazione e sul quale sono puntati da oggi i riflettori di tutto il mondo, tanto d'aver indotto il Presidente del tribunale ad autorizzare le riprese televisive durante le udienze: l'accusa sostiene che l'ex campione paralimpico sudafricano abbia sparato e ucciso in modo premeditato la bella fidanzata, a seguito si un violento litigio avvenuto tra i due.

D'altro canto, la difesa gioca la carta dell'imprevedibile e tragico errore, affermando che Pistorius abbia sparato a Reeva, che si trovava nel bagno, scambiandola per un ladro che si sarebbe furtivamente introdotto in casa.

Ma questa versione non convince per nulla il magistrato Nel Gerrie, il quale ritiene “non plausibile” questa ricostruzione dei fatti, in quanto alla tragedia non ha assistito alcun testimone e, pertanto, la ricostruzione dei fatti non può che basarsi su quanto hanno sentito i vicini.

A tale riguardo una vicina di casa di Oscar Pistorius, prima persona chiamata a testimoniare nel corso di questa udienza, ha riferito di aver udito “grida di donna agghiaccianti” la notte del dramma: si chiama Michelle Bruger, e la sua camera da letto si trova esattamente a 177 metri di distanza da quella dell'odierno imputato.

La testimone ha altresì riferito di aver udito, poco prima delle tre del mattino, urla agghiaccianti di una donna che chiamava “aiuto”, cui sono seguiti quattro colpi d'arma da fuoco, che in effetti corrispondono al numero dei proiettili sparati da Pistorius contro la fidanzata, attraverso la porta del bagno.

A margine del processo, si registrano le parole della madre di Reeva Steenkamp, che ha dichiarato in un'intervista a The Star, quotidiano di Johannesburg, di voler guardare negli occhi l'assassino di sua figlia, per capire la verità su quello che fatto: June Steenkamp, 67 anni, a distanza di un anno dal delitto, ha confessato alla stampa che “E' diventata la mia ossessione, sapere la verità su perché Oscar ha fatto ciò che ha fatto quella notte”.

domenica 11 agosto 2013

Mondiali di atletica: E' ancora Bolt la freccia d'oro

Il corpo piegato all'indietro, il braccio sinistro che punta al cielo come fosse una freccia e quello destro che si tende come per scoccarla, mentre la bandiera della Giamaica, come fosse un mantello, sventola dalle sue spalle sudate.

E' sempre lui il re, Bolt la freccia d'oro, che pur sulla pista bagnata dalla pioggia battente di Mosca, si riprende il titolo mondiale dei 100 metri, che aveva perso a Daegu, per una falsa partenza.
Ridiventa campione del mondo della velocità pura, correndo in 9.77, lasciandosi alle spalle lo statunitense ex dopato Justin Gatlin (9.85), seguito dall'altro giamaicano Nesta Carter (9.95).

Ai blocchi, il più reattivo è stato Nickel Ashmeade (poi quinto in 9.98), ma l'accelerazione migliore è stata quella di Gatlin, tanto da proiettarlo davanti a tutti ai 60 metri: è stato a quel punto, però, che Bolt ha tirato fuori le sue immense doti, distendendosi da par suo nel tratto finale.

Un mix di potenza e fluidità, con Bolt sferzato dalla pioggia che lo colpisce, a tratti, in senso trasversale, per lasciare spazio -in meno di dieci secondi- alla solita esultanza, anche se meno scenica di un tempo ma, senza dubbio, più genuina.
Come se Usain non si divertisse quasi più a fare il “Bolt”, se non sulla striscia di pista che lo fa volare fino al traguardo.

E' stato importante -ha detto a caldo appena dopo la gara- “rimanere tranquillo ed essere riuscito a fare ciò che volevo; io più serio? Dipende tutto dalle vibrazioni, da ciò che sento, voglio sempre andare in pista e divertirmi, ed ora sono felice anche se so che avrei potuto fare di meglio, ma avevo le gambe un po' dure dopo le semifinali, non so perché...”

Ad ogni modo -ha spiegato- “Ero venuto qui per vincere e non per stabilire il nuovo record del mondo e, quindi, ho semplicemente cercato la vittoria”.

In Giamaica, questo era ciò che si aspettavano tutti “magari anche che dominassi, ma l'importante è stato riuscire a riprendermi questo titolo”.